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dai film le attrici con le labbra finte. dalle maglie i pelucchi. dalla credenza i piatti sbeccati.

dall’armadietto in bagno le creme che non userò. dall’armadio a muro i medicinali scaduti. dalla scatola dei ciappi…niente

dalla scatola delle calze tutti i collant. aboliti. senza pudore. io porto le gambe nude anche se non sono di moda. porto i calzettoni grossi e gli scaldamuscoli, ma i collant no. lo dice la parola stessa. collant. ti si incollano alle gambe che prudono, comprimono le vene che non lasciano scorrere la linfa. e se le gambe nude fanno freddo mi coprirò di ridicolo per scaldarmi un poco.

dalla scatola dei cappelli tolgo quello che mi stringe. e che mi stampa in fronte i suoi ricami. dalla scatola dei guanti tolgo quelli scuciti, che non cucirò. e con il verbo cucire ho problemi seri (laprofeeee)

dalla lista dei blog che leggo non tolgo nessuno anche se non saranno aggiornati, che quel che è scritto lo sarà. ne aggiungerò invece, perchè saltando di pagina in frasca mi accorgo che chi scrive bene si lascia leggere facile. non cucinerò ricette patinate e perfette  ma cercherò di cucinare cose mai fatte. per imparare a sconfiggere l’ansia.

dalla dispensa tolgo le scatole di cose comprate per curiosità e mai utilizzate. tolgo le spezie scadute. e la farina di mais. le bottiglie di spumanti improbabili, confezionati con panettoni industriali. non son buone neanche per farci il bagno.

il 31 è finito a teatro, cantando jesus christ superstar, eravamo gli unici a muovere la testa? col brindisi nei flute, nel foyer, in alto i calici, piovono bollicine, mastico uvette e panettone, ho la matita negli occhi e la mano di pà fra le mie. i tacchi mi fanno altissima, la colazione la facciamo al mare e lo sparso è a casa dei nonni a fare festa con gli amici.

dalla testa volevo togliere i grilli. ma ho scoperto che mi fanno compagnia e mi aiutano a tenere il ritmo.

 

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una mantenuta, anzi tre

le premesse esattamente un anno fa c’erano tutte. e se devo tirare le somme adesso che mi accingo a scrivere le mie nuove promesse…una l’ho mantenuta in toto. la prima. ma anche la seconda e la sesta. potevo fare meglio. ma mi sono impegnata tanto.

sono passati 365 giorni, uno dopo l’altro. di quanti mi ricordo davvero bene? di quanti posso dire …”uao!”? l’ennesimo elenco?

il babbo. la borsa. la spalla. la casa.la classea. la borsa con il portafoglio e l’ipod e 600euro. 50 euro. i mac, 2. le foto.  il tempo. cose che non torneranno mai.

e le maglie continuano a perdere il pelo e le scale sono sempre da pulire, il forno cuoce di più da un lato, non esistono più le cuffie di una volta, la lidl ha aggiunto troppe marche note ed è diventata come gli altri. la pista ciclabile è pericolosa. i lievitati mi fanno ancora paura. spesso non so dove andare ma ci vado di corsa. gli autovelox scattano. piove di domenica e spesso anche di lunedì. due o tre appuntamenti la stessa sera. lo stesso giorno. spesso la stessa ora.

con i piedi per aria mi concentro sul duemila11. scrivo la prima pagina della nuova mosk e prometto:

che non lascerò mio marito neanche quest’anno. non dopo che mi ha stupita il 31 dicembre con tre decisioni autonome e una sorpresa.

che smetterò di tentare di far crescere lo sparso. che sgombrerò casa dei miei se avrò assistenza psicologica. che continuerò a preferire le persone vere.

che non mi lascerò andare. che ballerò a ogni musica che mi farà ballare. che scriverò. che leggerò. che ascolterò invece di parlare. che aspetterò che mi venga chiesto prima di dire la mia.

e continuerò a pregare affinchè siano i buoni ad avere la meglio e non i soliti vaffanculissimi approfittatori.

buon duemilaundici in cielo, in terra e in ogni luogo.

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promesse premesse

io non riesco sempre a mantenere le promesse. e questa è la premessa

il primo dell’anno a casa mia la tradizione non voleva donne alla porta. ma uomini e bambini (con la coda) che andavano di famiglia in famiglia a fare gli auguri. c’era un vassoio di paste fresche e tante monetine che servivano per premiare chi si avventurava nel gelo di gennaio.  si apparecchiava col servizio buono e si guardava il concerto da vienna in televisione, a tavola, in religioso silenzio. sotto al piatto del capofamiglia la letterina con i buoni propositi. caro babbo, per quest’anno ti prometto:

che non chiederò il divorzio e cercherò di sopportare ancora. anche quando mi viene forte il desiderio di dire basta.

che cercherò di mettere ordine nelle carte che mi affogano e nei cassetti che straripano.

che ci penserò bene prima di rispondere urlando e che quando ci avrò pensato ti prometto che ci ripenserò. (poi non ti assicuro che non urlerò)

che invece di dire si a tutti selezionerò. che non mi farò trovare di nuovo impreparata a me stessa e agli impegni presi

che cercherò di approfondire le amicizie e gli incontri che mi sono sembrati speciali. che non lascerò spegnere la fiamma.

che continuerò a pensare e a dire, a indignarmi e a sognare. che non lascerò che il quotidiano uccida lo straordinario.

e che se fosse una nuova storia la cosa che più mi serve…la scriverò. con gli occhi neri e un bel pensiero in testa.

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faccio outing

? ma fuori tutto! proprio tutto tutto. i ragazzi del matogrosso mi hanno svegliata in questa mattina in cui era facile continuare a dormire e quando mi hanno urlato dalla finestra del bagno: qualcosa da buttare? robivecchi? volevo consegnarmi a loro con remissione. se vi apro il garage fate piazza pulita?

sfido chiunque a mostrare così sfacciatamente il disordine con cui convive. questa è la situazione, mi è sfuggita di mano? è che preferisco stare in cucina che in garage? è che dopo i lavori della cucina e i mutarori e gli artigiani avevo voglia di rinchiudermi? no è che io non riesco a buttare e come in una bottiglia non puoi fare entrare più della sua capacità la stessa cosa è per le stanze, i cassetti, il corpo. devo buttare via. fuori tutto. poi che in casa nessuno mi aiuti…parlano parlano…ma se dico…questo lo butto! mi sento rispondere: ma ti piaceva tantoooo. e invece nulla serve. l’accumulare cose, oggetti, accessori che mai utilizzerò, valanghe di sacchetti di plastica e cartone, scatole di scarpe, scarpe di trent’anni fa serve solo a non farmi godere l’attimo a legarmi a cose che nulla vogliono dire. e adesso mentre giro la besciamella e annuso la ciambella che cuoce sul fornello vado con la mente a un cassonetto pieno del mio inutile. l’ultimo dell’anno si deve buttar via il vecchio? mi impegno…

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