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quando scrocca l’ora

si sdraia accanto a me nel letto, di ritorno dall’allenamento di pallavolo, poggia la testa di fianco alla mia ed è in questo momento che se chiudo gli occhi posso immaginarmelo minuscolo com’era. un gomitolo di bimbo che mi attorcigliava l’orecchio per dormire. sospira. “mamma?” mmh? “com’è difficile tenersi gli amici” (tasto dolente, tasto dolente, tasto dolente). “è difficile anche riconoscerli” (tasto nuovo stesso discorso) fingo di non capire, perchè tesoro? devi sempre chiedere come va, devi sempre ascoltare quello che hanno da dire, devi sempre appoggiarli in tutto e poi non tocca mai a te. nessuno chiede a me come sto. cosa voglio fare. cosa sento. hanno solo l’urgenza di dire. e di insegnare, mamma, di insegnare qualsiasi cosa abbiano appena imparato a fare o non fare. (e adesso cosa dico? che la penso spesso anche io così? che vorrei avere mamma a fianco nel letto per sentirmi abbracciare e basta?)

sono momenti in cui è difficile farsi ascoltare tesoro. tu continua a chiedere, ascolta, partecipa. e quando sentirai che l’altra persona tace e vedrai il suo sguardo che ti guarda…ecco, quello sarà un amico. non sono necessarie sporte di amici. ne basta uno davvero. ma che sia vero. a volte si passa tutta una vita senza trovarne uno. ogni persona che incrociamo ha qualcosa di bello da dare. cerchiamo di dare anche noi qualcosa a loro e non pretendiamo di essere sempre noi in primo piano. il primo pensiero. e poi sai, spesso, gli amici anche quelli veri, ci danno per scontati. finchè siamo insieme, come in tutti i rapporti.

mamma? -mhh- mi sono piaciute le ragazze di venerdì. peccato non avere avuto più tempo. già. loro mi sembravano interessanti. già. davvero. anche il fotografo che ci ha raggiunte la sera. spero di non essere stata troppo o troppo poco. mamma? mh? ha ricominciato a parlare pà? no. ma non ti preoccupare. gli verrà l’urgenza di dire. quando avrà bisogna di scroccare qualcosa…uno scroccadente per esempio:

li chiamiamo scroccadenti o straccadenti, sono cantucci, tozzetti alle mandorle, biscotti da vino. bagnati in un passito di pantelleria, in un moscato di alba, o in una rosa di quinzân

i miei sono gli scroccadenti di antonella, la veterinaria amica mia che mi ha dato ricetta al primo compleanno d’asilo dei nostri figli.

4 hg di farina doppio zero, 3 uova, 3 hg di zucchero, 2 hg di mandorle non pelate, vaniglia, pizzico di sale, mezzo bicchierino di cognac, un cucchiaino di lievito per dolci. (la sua ricetta prevedeva 3 hg di nocciole e 20gr di burro, gusto diverso ma ugualmente buono)

mentre la planetaria mischia tutto tranne le mandorle che sono a tostare nel forno messo a 200°  preparo le teglie con la carta forno. almeno due per accogliere i quattro salsicciotti di pasta. la consistenza dell’impasto non deve essere troppo molle, deve staccarsi dal tagliere, se occorre aggiungere poca farina (dipende dalla grandezza delle uova) una volta che le mandorle sono tostate, farle raffreddare e tagliarle grossolanamente con il coltellone. le mettvo intere ma ho notato che poi gli scrocca si tagliano peggio. le aggiungo all’impasto e formo quattro o cinque salamotti come quando si fanno gli gnocchi, poi vanno appoggiati sulla carta forno ben distanziati l’uno dall’altro e infornati per una ventina di minuti. devono dorare. togliere la teglia dal forno, tagliare i salamini a tozzetti e infornare nuovamente fino a gusto personale.

marie e maite me le sono godute. il fotografo dallo sguardo divertito l’ho appena conosciuto. la presentazione e le loro parole sono state generose, chi c’era mi ha confermato quello che pensavo. sono straordinari i calycanti e con i loro occhi e le loro parole anche la provincia è diventata straordinaria. non mi sono fatta fare l’autografo. ma rimedierò.

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cose buttate a caso

abiti in giro. sulle sedie. pile di “pail” sulla tavola, sugli scalini

scarpe che denunciano una quantità di piedi superiori a chi vive in casa. libri da regalare. ai quali dire addio è faticoso. 4 tegami sui fornelli. e ci potrei fare un gioco. quante lenticchie? quanti azuki? e poi il ragù e poi il brodo di verdura. cose da cucinare per non gettare, che la mia curiosità in dispensa è immediata e poi quando mi decido a provare? oggi, giorno di pioggerellina da vaporizzatore.

col vapore che ho in cucina ci potrei fare la pulizia del viso…e non è detto…

e nel cuore ancora la meraviglia della fiaccolata per m’illumino di meno, nelle aie, e ho scoperto che l’italia resta unita cantando l’inno e battisti e romagna mia e oh sole mio e de andrè e bella ciao. e la luna che avevamo invitato si è presntata puntuale. come sanremo è puntuale ogni anno. e non ho potuto fare a meno di guardarlo che sono cresciuta a carosello e sanremo. e mi ha fatto tenerezza e rabbia morandi insicuro e impacciato e le indiscrezioni e vecchioni ruffiano, ma così grande che non lo si discute. e la sua dedica alla moglie che avremmo voluto essere tutte il destinatario delle parole e forse lo siamo, se ci pensiamo. e gli perdoniamo anche il titolo. moccioso. e almeno sanremo farà conoscere vecchioni ai ragazzi figli di maria, quale maria?

e luca e paolo che non lo so se sono un vangelo o se si evangelizzano, benigni che vorrei mi facesse lezioni a nastro, la ventura che è una sventura per se stessa, la professoressa che spera nella fine delle scuole e la russa che non mi piace neanche l’insalata con quel nome.

e lo sparso che si è alzato alle 6 per andare a giocare alla guerra, col pranzo al sacco e poi invece torna e io ho già fatto la mia colazione-brunch e devo ricominciare daccapo. cappelletti mamma? no il brodo non c’è, al ragù? no non li spreco col ragù e sono una madre italiana che brontola ma gli prepara gnocchi al ragù e che buoni sono quelli con le patate rosse.

poi gli amici che arrivano e li guardo e li vedo con gli occhi di una mamma che è stata giovane e aveva altro da fare. e mi domando perchè loro che potrebbero non lo facciano. e mi viene una rabbia che si placa solo con i biscotti bagnati nel tè.

e non ho fatto altro oggi, che cucinare, mangiare, pensare. guardare fuori. il centri commerciali sono aperti e piove. è il commercio che fa il bello e il cattivo tempo. lo hanno sempre detto. e io penso al mio ormone coglione che lavorava a mille quando non potevo neanche pensarci e tace ore che vorrei pensare solo a quello.

e questa settimana inizia con le cose buttate a caso. ma son cose.

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21 di 21

non mi chiedo oggi che uomo tu sia diventato. non mi chiedo oggi cosa diventerai. oggi mi riguardo i tuoi anni compiuti con struggente nostalgia e beata mammitudine. e alle 18 ti preparerò un bagno caldo, quindi fatti trovare in casa, per celebrare la tua nascita e la mia felicità di avere un figlio che mi fa imbestialire, ridere, pavoneggiare, incavolare. un figlio di 21 anni, cresciuto con le malsane idee di pà, che per regalo per il compleanno gli inventava videogiochi con caccia al tesoro. e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. non hai ancora smesso di giocare.

21. uno dopo l’altro. è la maggiore età per eccellenza, potresti votare per il senato se solo il governo cadesse. potresti scegliere di cambiare le cose se solo ci credessi davvero. potresti fare della tua vita un viaggio di piacere, vivendola davvero. e io è questo che ti auguro in questo giorno di 21, giorno di yule, giorno che hai scelto tu per nascere, che non era quello previsto. solstizio d’inverno, passaggio dal buio alla luce. accenderemo candele, faremo festa, bruceremo rami per far volare i desideri in alto e  che sia questo il modo perché i desideri non restino desideri.

e che ti vogliamo bene non abbiamo bisogno di scriverlo, serve dirtelo ogni istante con le parole, con i gesti e con il sorriso. mà&pà

ps: indovina la torta?

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piccoli lampi

di felicità.

ricevere mail che ti fanno lèggere e sentir più leggère. pulire il bagno fin negli anfratti più nascosti. scegliere un altro bagno per non sporcare il primo. lavare i vetri in una giornata di sole. guardare la cesta dei panni da stirare. è vuota. buttare 4 canotte, una cravatta, due camicie, un pedalino, riprendere il pedalino e ributtarlo. regalare la vecchia camera del non più piccolo a chi la usa da subito. un lavoro ben fatto da un ragazzo bravo. ricevere una telefonata che fa ridere tanto e sentire la nostalgia. un messaggio insolito e birbante. 3 ore di camminata e chiacchiere con una testa diversa dalla mia. una lista di cose da fare vistata quasi completamente. leggere tieffemme, ritrovare sul marciapiede la sera il guanto perso nel pomeriggio. la nebbia che arriva. delineata e compatta ma a piccoli banchi fumosi. pedalarci dentro, bagnarsi i capelli e farsi una doccia bollente. sentire l’incontentabile figlio che dice: quando rifai il minestrone? e non fa niente se dopo dice scherzavo. io lo so che c’è un fondo di verità e dopo quasi vent’anni la mia pazienza è stata premiata.

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mamm’attitudine

lo sparso dopo la maturità si è preso un anno…più lunatico che sabbatico. lavoro si. impegno si. ma sparso come solo lui sa essere. e ha capito. ohhhh se ha capito. ha capito che gli orari flessibili esistono solo nella sua sfera emotiva, ha capito che il lavoro perseguita anche chi ce l’ha. ha capito che il padrone ha sempre ragione anche quando no. e ha capito che forse doveva continuare a studiare per crescere. e allora vediamo se ha capito davvero. e se ha capito a quale attitudine dare ascolto. mentre io scrivo, lui sta sostenendo il test di ammissione all’isia urbino. 164 candidati per 25 selezionati. l’ho accompagnato all’alba, maledicendo le strade trafficate, continuando a ripetere: sei nervoso? ma lo so che sono io nervosa, che sono io che non mi affranco dal ruolo di mamma. che sono io che non riesco a smettere di dire: michele mangia. fino all’esaurimento della sua pazienza e della mia. e quando l’ho lasciato nell’aula magna, dove avrei voluto rimare per spiare quel giovane popolo che stavo quasi invidiando…mi sono sentita stundetessa, esaminanda, mamma e rompipalle tutto insieme. io. che rompipalle non lo volevo essere. mai.

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il fratello che volevo

lo avrei voluto un fratello. il fratello grande. quello che ti porta in casa i suoi amici e ti fa entrare nel giro, quello che ti porta a ballare, quello che ti protegge e ti difende prima di tutto. volevo un fratello grande per innamorarmi dei suoi amici e per fare innamorare le mie amiche, per ristabilire l’equilibrio in casa e per eleggerlo a gran confidente…ma non avevo un fratello e quindi ho preso in prestito i fratelli delle mie compagne di classe, in altri momenti ho eletto i bei ragazzoni del paese a fratelli putativi. naturalmente niente è per niente e in cambio di consigli e dritte lavavo macchine e sbiancavo tettucci di maggioloni. credo che il dialogo che si riesce a instaurare con la parte opposta sia più razionale e vero, meno umorale e carico di competizioni. credo nell’amicizia fra uomo e donna SE non ci sono altre intenzioni e credo che con più fratelli e sorelle diventiamo migliori anche noi.  per mio figlio volevo un fratello. se poi fosse stato questo

ne sarei stata felice. compagno di classe, amicone che non tradisce, dolcissimo e testardo, che neanche l’amicizia lo ha convinto a studiare, lui che aveva poca voglia di stare sui libri ma tanta di andare a lavorare. il primo a salutare, che spesso gli amici spostano lo sguardo dai genitori dell’amico, il primo a offrire aiuto quando la pigrizia del mio non gli faceva vedere la spesa da portare o la bici da gonfiare. il fratello che se si tratta di preparare il pranzo guarda come fai e poi esegue, quello che si offre di portare fuori la spazzatura (che è sempre un problema, anche nelle settimane al mare) e se al primo invito a pranzo la mamma di mitch ha preparato il risotto di pesce …lui è quello che lo mangia tutto e dice buono! e tu lo vieni a sapere dopo anni che a lui il pesce non è mai piaciuto e non lo ha mangiato mai.

chissà perchè trovo le parole oggi per lasciarle scritte qui , che questo è un pensiero che ho da tanto. forse perchè ieri mi sono svegliata in una casa più vuota. perchè non ho trovato il mio bimbo nel suo letto. perchè mi è preso un colpo. (burrone, incidente,ambulanza, ospedale, polizia tutto nello stesso pensiero) perchè l’sms con scritto “sono vivo” mi ha fatta incazzare invece di tranquillizzarmi e il pensare poi – ancora per poco tesoro – era la conseguenza ideale. mi sono spalmata nelle stanze, che sono sempre silenziose la domenica mattina, con una consapevolezza diversa. è grande. non ce ne sono altri che ti sbucano dai mobili per farti  bu!, mi devo abituare alle sue assenze. capiterà ancora. peccato non avere un altro figlio o magari altri due . e poi ricordo che una volta a tavola chiesi a pà se fosse stato d’accordo ad adottare un bambino, magari di colore…e il piccolo sparso sbottò felice: ci ci, dai, verde però!

ale…che dici…posso adottarti a tempo? e casomai dipingerti di verde?

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mamma che roba

sono capitata qui in un momento in cui io stessa mi domando che cosa porta una madre a perdonare sempre il proprio figlio. e non volontariamente eh? dopo aver letto è stato facile fare paragoni e darsi risposte e commentare. anch’io sono rimasta incinta a 28 anni come la ragazza che ha scritto il post- figlio cercato ma non sò se voluto. volere è una parola grossa. volere per cosa? per te, per lui? per gli altri? perchè si deve? è dopo che si diventa madri o madri mai. ma fare i conti con quello che vorresti è sempre un casino. e se l’inizio è difficile rischi di non avere altri figli e ti mancheranno da morire i figli che non hai avuto. come ti mancano ora le amicizie, le cazzate, far casino. non mi è mai piaciuto il capodanno con la sua legge del divertirsi a tutti i costi. stare in casa con amici, organizzare qualcosa di semplice è il massimo per me e la mia necessità di far vivere allo sparso le cose giuste per lui mi ha salvata spesso da scelte sbagliate. però mi sono mancate tante altre cose. 28 anni oggi sembrano pochi per fare un figlio, io credo che si sia già abbastanza grandi per cambiare l’io in “noi”. i tempi dell’egoismo rischiano di dilatarsi e di non finire mai, con figlio e compagno si smussano. ma mancheranno sempre altre cose. più tempo per te. più coccole, più momenti privati, più avventure desiderate, più sess. e spesso guardando… le vite degli altri ti sembreranno migliori ma…non sono la tua vita e le apparenze sono: appunto. no,tu  non sei una cattiva madre. e neanche una perfetta madre, anche perchè non esiste la madre perfetta. esisterà la tua quando ti verrà a mancare. il fatto è che negli equilibri della vita siamo madri, ragazze, bambine, adulte e donne spesso nello stesso minuto. e con questa lotta interna dobbiamo imparare a vivere.

ora due cose: 1-devo insegnare a pà, passo passo, il percorso garage camino, per la legna. tipo frankenstein jr: legna ululì-legna ululà.

2

devo smettere di pensare che i passatelli siano il mio cavallo di battaglia: bruttissimi da vedere quelli di ieri. ospiti a pranzo e figura orrenda. buona la compagnia. e spesso basta.

opssss! una terza a sorpresa: sto cercando di ricordare: mi ha mai portato due calici per brindare insieme io e lui? (e sto già facendo paragoni…visto che non si impara mai?)

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sono debole

ore 20 ierisera allo sparso in studio – noi andiamo, vieni a cena? – si mamma vengo a cena, ma non so a che ora – ok tranquillo ti preparo qualcosa. ceniamo noi, metto il film e scelgo di stare in cucina ad aspettarlo che se mi stendo in sala dormo dopo i titoli di testa – gamberetti saltati in padella su valerianina, macedonia per chi deve tornare.
ore 22.30 suona il campanello (?) – perchè hai suonato – urlo dalle scale – siamo noi mamma ci siamo tutti e ho già cenato.
le maiuscole – M V F C – non le uso mai è vero ma stavolta!!!
scende, mi bacia, mi abbraccia – mmmmh che profumo, scusa mamma – occhiolino.
sono fottuta. l’ho già perdonato.

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ti aspettavo. michele 2.0

dal primo aprile del 1989. sei il mio pesce d’aprile materializzato. lo so con certezza. i tuoi primi incoscienti 9 mesi sono stati per me i più belli di sempre. straordinario sentirti crescere, invadere ogni parte di me. che saresti stato maschio l’ho saputo prima di tutto. volevo un maschio. il primo figlio di casa. dovevi nascere il primo gennaio secondo i miei calcoli ma a metà dicembre scalciavi parecchio. non volevo sembrare piagnona e non mi lamentavo e così quando il mercoledì giravo per il mercato per fare i regali di natale e le fitte mi toglievano il respiro, mi fermavo. riprendevo fiato e via. sempre più frequenti. fino al 21 dicembre il giorno dopo. ero in ufficio e…è stato chiaro che non potevi più aspettare. sono arrivata in ospedale e dopo appena due ore tu eri fra le mie braccia, brutto, sporco, con la faccia uguale a mia suocera. una tartaruga magra. 2 kili e 6 di coda e capelli. lo sciopero delle nursery, la culla nella stanza. tenga controllato se respira. panico. la cosa eccezionale nessuno di guardia, papà che rimane a dormire per controllare che tu respirassi e io riposassi. troppo piccino. 10 giorni di culla termica. il tiralatte, troppe tette, troppo male, le scarpe verdi, la cuffia verde, il camice. e poi natale. noi a casa e tu no. la mia crisi. i consigli non richiesti. dobbiamo essere allegri. non ci pensare. non era così che volevo. ma poi…il primo anno è passato. e il secondo e il terzo e finalmente ho smesso di chiedermi se stavi bene, se mangiavi,  se crescevi. se ce la facevo…tu ridevi sempre. dormivi tanto e parlavi come un fumetto. vent’anni. ti ho passato tutti i miei difetti. ti sei preso tutti quelli di tuo padre. e naturalmente sei totalmente im-perfetto. spero di averti dato il cuore, la capacità di pensare e scegliere e di non omologarti mai. per il resto hai tutto sparso in giro. come al solito. buon compleanno ragazzo. sei parte di me.

ps adesso che sei grande possiamo permetterci di festeggiare il giorno giusto. fino alle superiori il tuo compleanno era una o due settimane prima per non confonderti le feste, i regali e le idee…ma ti è rimasto il vizio di volere due o tre torte per festeggiare…

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le mamme lo sentono sempre

e non mi so spiegare il motivo. e non credo sia una mia prerogativa perchè la mia mamma era uguale uguale. sapeva esattamente quando le stavo raccontando una bugia, sapeva quando avevo avuto un incontro diverso dal solito, si è persino accorta il giorno del mio primo bacio di qualcosa di diverso in me (poi vaglielo a spiegare che un cugino di una mia amica mi aveva dato una lezione di bacio per farle un favore, perchè io a quattordici anni ancor non avevo esperienza. e come spiegare che per superare il senso di disagio e di colpa e di “ma cosa sto facendo” mi sono convinta che il bacio era davvero schifido?) tutto questo per dire che io sabato ho “sentito” che c’era qualcosa che non andava, Michi era al lavoro, via da due giorni, ci eravamo appena sentiti, tutto a posto, pà in mansarda a cottura lenta, io a prendere un gelato con lo staff Mna. ci eravamo appena sentiti ma io ho chiamato il suo cell. e lui mi ha detto non adesso mà, non è un buon momento. ho sentito la voce del sangue al naso, ho tremato e non mi richiamava. ho mandato un messaggio, sono preoccupata stai male? lui mi ha chiamata: sono al pronto soccorso a cesena. tutto a posto devono fare dei controlli, inversione a u, ci è venuto addosso, stai tranquilla. arrivo. no. si. come vuoi. ho sentito distintamente mio figlio aveva bisogno di me. abbiamo passato la domenica sera in un pronto soccorso in cui era finito il ghiaccio perchè c’era stata la nove colli di ciclismo…9 colli e neanche una testa. il collega di mio figlio che guidava la moto con la quale sono caduti aveva una spalla e un ginocchio gonfissimi e neanche un pochino di ghiaccio. e ripeteva mi dispiace mi dispiace come se fosse stata colpa sua. e un ragazzino, stessa età del mio, mi porge la mano e dice sono stato io. colpa mia. e come faccio ad arrabbiarmi con lui? sono madre. potrebbe capitare a mio figlio. un inversione a U che non doveva fare. una lezione senza consegueze orrende. una lezione da cui lui può imparare e da cui mio figlio potrà imparare spero. quanti compagni di Michi han viaggiato con noi. può capitare. per fortuna niente di troppo grave. spero. dopo gli accertamenti più approfonditi. Una nottata con un sacchetto di zucca congelata sull’ematoma, che ora diventerà una ciambella con la zucca …che mica posso ricongelarla…

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